Kronos Quartet [Teatro Smeraldo, Milano, 17 ottobre 1990]

Andrea Coralli
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Alcune domande. Si parla tanto di contaminazione, abbattimento degli steccati, trasversalità musicali; ma sono categorie valide in assoluto? Chi contamina (alto-basso, destro-sinistra, colto-popolare ecc.) è sempre nel giusto? La rottura delle convenzioni è sempre innovativa?

Ieri sera è sembrato fosse possibile dare delle risposte negative a queste domande. Forse perché un quartetto, formazione colta per eccellenza non può, o deve, ‘abbassarsi’ a eseguire Hendrix e altri?

No, il punto è un altro: la sensazione che dietro la facciata l’operazione nasconda una dosa di eccessiva scaltrezza, una trasversalità di comodo che quasi sfocia in un’abile manovra di marketing.

I musicisti sono molto bravi, la loro preparazione da diploma con lode. Suonano con grande rilassatezza, eseguono un repertorio esclusivamente contemporaneo, molti compositori à la page scrivono appositamente per loro.

Ma poi? Poi si può dire che la serata non ha riservato particolari sussulti, non ha offerto colpi di musica, ma solo un’ordinata sequenza di divertissement imbandita da quattro ragazzi americani un po’ burloni, un po’ compiuti, nel loro ruolo di interpreti ufficiali del quartetto novecentesco.

Tutto questo, o solo questo ci riserva l’avanguardia statunitense? E come specificare la nozione di avanguardia rispetto allo spettacolo di ieri sera? Qual’è la ricerca in corso? Da che parte si sta andando?

Le considerazioni si chiudono con delle domande così come si erano aperte, come per esprimere una perplessità tutt’altro che dissolta e anzi sormontante.

da: Andrea Coralli, “Navigando sui mari di formaggio”, Auditorium Edizioni, 1996 © altremusiche.it

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