Charles Ives: “Sonatas for Violin and Piano N.1-4”

Michele Coralli
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Charles Ives: “Sonatas for Violin and Piano N.1-4” (ECM, New Series 1605, 1999)

Charles Ives (1874-1954) è stato un grande sperimentatore in un’epoca e in un mondo culturale e musicale, quello degli Stati uniti tra la fine dell’Ottocento e gli inizi di questo secolo, fortemente caratterizzati da un clima di conservazione e di dipendenza psicologica dai modelli culturali europei, che proprio in quel periodo subiva l’attacco da quelle che sarebbero divenute le correnti di rottura più importanti. Ives, il cui percorso formativo fu totalmente svincolato da ogni scuola o impostazione specifica, è certamente il primo (e probabilmente insuperato) vero autore americano autonomo, con un proprio linguaggio e una propria koinè, che gli permesso , ad esempio, di confrontarsi con i materiali folclorici e popolareggianti in maniera niente affatto retorica e naïf come invece un suo connazionale recentemente celebrato ben oltre i suoi reali meriti. La grandezza di Ives sta nella sua capacità di montare in un’unica struttura, materiali assai differenti tra loro, costruendo edifici assai scaleni e irregolari.

Politonalità, metrica libera, ritmi complessi e grande uso di citazioni (anche extramusicali) determinano una musica obliqua ma solida nella costruzione, ricca di simboli e di rimandi alla realtà e al mondo che affascinava il compositore, ovvero quel rapporto uomo/natura così spesso descritto anche all’interno di queste Sonate per violino e pianoforte. Scritte tra il 1903 e il 1916, sono tutte quattro in una significativa relazione tematica e strutturale, con un continuo rimando di elementi, non foss’altro per il fatto che la lavorazione fu portata avanti parallelamente per alcuni anni. Si viene a creare così un quadro ciclico nei movimenti delle quattro sonate attraverso reminiscenze motiviche e tematiche. Anche se, come già detto, il quadro non è perfettamente simmetrico, bensì basato su continue opposizioni: tonalità / atonalità, tematicità / atematicità e così via. L’equilibrio tra la volontà descrittiva e l’intento di creare simboli attraverso la musica ben si coglie scorrendo le note programmatiche delle quattro sonate, che introducono momenti di feste popolari o di contemplazione della natura o, ancora, di riflessioni sulla fine della guerra civile. Il terzo movimento della terza sonata si struttura come una fantasia che si autogenera a partire da una riproduzione continua di temi trascritti senza indicazione di chiave. La Quarta sonata, che ha come sottotitolo Children’s Day at the Camp Meeting è ricca di rimandi e citazioni del repertorio dei canti e degli inni giovanili, che Ives frequentò assiduamente, essendo stato per anni organista in chiesa.

La riscoperta di questo autore non è cosa recente, ma l’apprezzamento della sua musica è ancora lontano da ciò che realmente si meriterebbe un uomo che ebbe come fortuna quella di riuscire a coltivare la passione per la musica, in modo assolutamente sperimentale, senza dover trarre da essa beneficio economico. Probabilmente se oggi molti compositori fossero impiegati alle assicurazioni la loro musica sarebbe maggiormente libera da compromessi e, conseguentemente, migliore.

da: “il Giornale della Musica”, n.151, 1999. © il Giornale della Musica-Edt / Michele Coralli

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