Franck Vigroux: “Looking for Lilas”

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Michele Coralli
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Franck Vigroux: “Looking for Lilas” (D’Autres Cordes, DA041, 2004)

Quel lavoro di montaggio di campioni su cui vengono costruite le improvvisazioni di voce, trombone e chitarre che già aveva caratterizzato la prima tappa della trilogia dedicata a Lilas del francese Franck Vigroux viene ripresa in questo “Looking for Lilas”, dove l’idea della ricerca si declina con quella del viaggio. Ciò che piace di questo chitarrista-compositore è proprio la sua capacità di creare una vera e propria drammaturgia sperimentale senza scadere nella confezione di paesaggi descrittivi o di poemi elettronici: in particolare si fa apprezzare la sua capacità evocativa, basata su un tratteggio denso di chiaroscuri che forniscono i contorni di un disegno appena accennato, sul quale viene costruita una storia, in forma di sceneggiatura sonora, basata su elettronica e improvvisazione.

Come nelle precedenti prove, gli organici sfuggono alle forme di fronte al gioco di raddoppio o quadruplicamento dei compionatori che catturano quartetti d’archi, clarinetti e altri strumenti non accreditati e rubati chissà dove. Eppure la presenza elettronica inizia e finisce qui, al di là di qualche supporto alla manipolazione timbrica delle chitarre elettriche e fretless, usate sempre con parsimonia e in chiave poco ortodossa, quasi jazz con la 12 corde, impalpabilmente rumoristica con l’elettrica. Del resto sono il trombone di Stéphane Trepp o le voci di Cécile Rives o Ned Evett che si guadagnano le luci della ribalta per mettere a nudo l’ansia della ricerca di Lilas. Diamo per scontato il rapporto di improvvisazione con Trepp che può trovare facili riscontri in buona parte della letteratura improvvisativa prodotta per quello strumento (Rutherford, Bauer, ecc.); meno ovvio l’inserimento di un soprano di impostazione classica all’interno di compagini informali come quelle di Vigroux. La cosa, in aggiunta a tutta una serie di sensibilità che collegano direttamente questo compositore anche a certe estetiche di ascendenza accademica (nonostante tutti i distinguo del caso), fa pensare allo scavalcamento di quel muro che è stato nuovamente ricostruito attorno alla “Nuova Musica” e alla musica colta in generale. Sensazioni più che concrete rispetto all’indifferenza che esiste ancora soprattutto dalle nostre parti tra mondo classico, nuova musica elettronica e ambiti improvvisativi fanno sorgere il sospetto che per molti frequentatori di ambiti colti la punta più avanzata della sperimentazione elettronica porti il nome di Boosta o Madaski

2004 © altremusiche.it

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