Bruno Bettinelli / Massimo Anfossi: “Piano Works”

Michele Coralli
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Bruno Bettinelli / Massimo Anfossi: “Piano Works” (Ducale, CDL140, 2007)

Nei colori diafani della Milano tra il Pre- e il Dopoguerra vive il pianoforte di Bruno Bettinelli, uno strumento ricco di suoni,denso di soluzioni, innovatore e anticipatore pur non essendo entrato nel novero dei grandi pianoforti d’avanguardia. Senza radicali rotture con la tradizione, che per quanto concerne gli 88 tasti ha sempre fatto riferimento alle grandi architetture romantiche e post-romantiche, Bettinelli esprime “il nuovo” con metodologie classiche di composizione. L’ascendenza brahmsiana, così come la capacità di mantenere grande ordine anche negli intrichi di voci che si rincorrono negli stretti di certi contrappunti, infine l’orizzonte barocco che trasforma la tastiera in un terreno di confronto di possibilità e di sviluppo delle diverse tecniche fanno di Bettinelli un compositore neoclassico anche per quanto riguarda questi repertori. Distaccato nei confronti del serialismo, poco incline alla dodecafonia, attraversa il suo secolo con un’autonomia stilistica pari forse a un Castiglioni (pur con un minor spirito modernista).

Eppure ci sono espansioni armoniche che, pur discendendo certamente da tratti impressionistici, muovono con decisione verso mondi pianistici che nel Novecento vengono percorsi da molte di quelle aree jazz anche in questo caso neoclassiche. Quanto Bill Evans o Keith Jarrett possano aver preso spunto da lirismi come quello di Nenia da Sonatine (1939) difficile dirlo, certo è che le cadenze accordali centrali di un brano come questo aprono l’armonia a bagliori che non sembrano molto distanti a quei mondi.
Allievo di Bettinelli, Massimo Anfossi legge il suo repertorio come chi è capace di entrare con agio nelle architetture del maestro, senza retoriche accademiche ma con sensibilità e coscienza che anche in un panorama urbano nebbioso può nascondersi molta poesia.

2007 © altremusiche.it

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