AA.VV.: “Libro bianco sulla diffusione della musica contemporanea in Italia”

Michele Coralli
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AA.VV.: “Libro bianco sulla diffusione della musica contemporanea in Italia” (Cemat/RItMO)

Di fronte a un libro che si prefigge come fine la mappatura del mondo della musica contemporanea in Italia, trattandosi di prima edizione si potrebbe correre il rischio di passare per antipatici nel sottolineare le mancanze all’interno di questa corposa pubblicazione che accoglie quelle tante piccole o grandi realtà che continuano a rendere possibile l’esistenza stessa di “una” o “tante” musiche contemporanee in questo paese.
Prima di tutto allora il plauso al progetto nella sua totalità. In tempi di internet continua a dimostrarsi utile pubblicare libri, anche quando questi si configurano come vademecum per la consultazione, utili cioè a reperire al volo informazioni, nomi, contatti e indirizzi di quanti svolgono compiti organizzativi sul territorio nell’ambito musicale contemporaneo (“colto”, tanto per sgombrare il campo da ogni possibile dubbio del caso).

Obiettivo sacrosanto di questo Libro bianco è, secondo quanto dice Gisella Belgeri, fondatrice e direttrice del Cemat, quello di porre le basi per “fare sistema”, un’ottica quanto mai attuale nell’organizzazione capitalista moderna che impone l’aggregazione di realtà di contatto per affrontare la concorrenza esterna con maggior forza e, forse, orientare meglio le risorse che sempre meno corpose arrivano dallo Stato. Punto di partenza la Rete Italiana Musicisti Organizzati (R.ItM.O.), un coordinamento tra realtà musicali autoconvocate nato nel 2005 come reazione ai progressivi tagli al FUS con l’obiettivo di raccogliere ciò che “filtra” dai finanziamenti che vanno a enti tradizionalmente più “degni” di attenzioni (teatri lirici in primis).
Significativi in questo senso le tabelle e i grafici poste a conclusione del libro che indicano l’inesorabile trend dei finanziamenti dallo Stato verso le associazioni che si occupano di musica contemporanea (e non solo): ad esempio notiamo che tra il 2002 e il 2006 i 526.659 euro per 19 enti (pochi rispetto al numero totale) sono diventati 288.000 per 13 enti a fronte dell’ormai 0,46% di percentuale elargita agli stessi enti rispetto all’importo complessivo del fondo. Se in parte aumentano gli interventi di finanziamento dagli enti locali e dalle sponsorizzazioni private, il fenomeno di un progressivo venir meno dell’interesse dello Stato nei confronti di ciò che maggiormente dovrebbe rappresentarci, ovvero la cultura, desta più di una semplice preoccupazione. Ma del resto i segni del degrado colpiscono la nostra società a vari livelli e non solamente nel settore della cultura. Parimenti non è scopo di questa recensione muovere riflessioni su analisi sociali complesse.

Raccogliamo però l’immagine suggestiva di Guido Barbieri che riprendendo l’idea gramsciana della “casamatta” come luogo, sia esso la scuola, il tribunale, il sindacato o il centro di cultura, creati dalla società civile per cercare di assicurare ai cittadini un livello accettabile di efficienza e funzionalità socio-culturale. In tempi di crisi democratica il potere svuota le casematte, togliendo loro credito e risorse, e portandole all’inevitabile decadenza. Questa una possibile prospettiva, ma ci sono allo stato attuale anche le debolezze strutturali delle realtà prese in esame, come la distrettualità della cultura (ma forse è meglio parlare di “ghetti culturali” piuttosto che di più tranquillizzanti “distretti”) o la verticalità di certe strutture basate sull’aggregazione attorno a “figure carismatiche” piuttosto che su collettività che condividono progetti. Insomma di carne al fuoco c’è n’è tanta e gli spunti di riflessione non mancano. La spinta al cambiamento non può essere vista solamente come una difesa di principio del sostegno economico da parte dello Stato.

Se il fine politico del Libro bianco è, a nostro parere, condivisibile, il censimento che è base di partenza del lavoro deve, da parte sua, inevitabilmente allargarsi, vista (nonostante tutto) la vivacità della vita musicale di questo paese. Ci sono infatti molte realtà che si interessano di contemporaneità, che la promuovono, ne parlano. E c’è (nonostante tutto) un pubblico.

Diamo allora anche noi un piccolo contributo per l’allargamento. Al di là della dichiarata esclusione di “istituzioni sovra-territoriali” come la Biennale di Venezia, RAI Nuova Musica, MiTo, sono diverse le realtà assenti dalla mappatura che qui elenchiamo in modo disordinato: Taukay di Udine (fanno un concorso internazionale per giovani compositori, hanno una web-radio dedicata esclusivamente alla musica contemporanea, producono cd e tengono annualmente un festival), Nuove Sincronie e Sincronie (la prima embrione della seconda, che è diventata a Milano una delle rassegne più rappresentative della nuova contemporaneità), Repertorio Zero (nuovo ensemble con solida organizzazione e spunti interessanti sul fronte delle tecnologie), Suonodonne (realtà se si vuole “storica” della contemporanea al femminile), Musicamorfosi (associazione che organizza, tra le altre cose, una stagione musical/teatrale molto seguita orientata al crossover tra generi), Timet/Lorenzo Brusci (collettivo di cui abbiamo parlato anche in questo sito che svolge significativi lavori nell’ambito plunderphonics e della sonorizzazione di spazi collettivi).

Aggiungeremmo alle nostre proposte di allargamento anche una sezione “media”, fondamentale nell’organizzazione culturale della società d’oggi. In Italia esistono spazi e realtà giornalistiche o para-giornalistiche che si occupano di musica contemporanea, dalla rete ai giornali. Basta stanarli, individuarli attraverso una ricerca non dogmatica che potrebbe far scoprire, ad esempio, che alcune riviste, che normalmente si occupano di “rock”, trattano la musica contemporanea in maniera più puntuale e seria rispetto a molti quotidiani. La stessa cosa si può dire, in certi casi, di internet in relazione alle radio.

A questo proposito, senza voler peccare di presunzione, si rivendica l’esistenza di un sito come altremusiche.it, presente continuativamente in rete dal 2002, come quella di una realtà da non sottovalutare anche da parte di quelle associazioni, enti, organizzazioni che vogliono “fare sistema”.

Produrre un “mattone” da sbattere sulle scrivanie di chi di dovere sembra essere gesto efficace e d’avanguardia, ma insufficiente se non si lavora nell’ottica del completamento della mappatura per attivare un sempre più efficace scambio di informazioni che oggi solo attraverso internet è possibile, visto che è lungo le dorsali informatiche che si muove il futuro della comunicazione.

2007 © altremusiche.i

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