Olga Neuwirth: “Music for Films”

Foto: Betty Freeman
Michele Coralli
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Olga Neuwirth: “Music for Films” (2 DVD, 0012772 KAI, Kairos, 2008)

Che il cinema sia oggi l’arte più vicina alla musica non siamo certo noi i primi ad osservarlo, ma non apriremo qui un dibattito sulle estetiche delle relazioni tra le immagini e i suoni. Certo non si può fare a meno di notare come la costante immersione in un abisso di forme e vibrazioni non può che generarne altre, in modo infinito.

Olga Neuwirth è una delle compositrici contemporanee più fantasiose e stimolanti. La sua musica, già di per sé ricca di rimandi, è spesso capace di prorompere nel luogo in cui la si ascolta con una forza attribuibile, nella scala emotiva attuale, solamente a certe pellicole di spessore. Il suo interesse nei confronti della decima Musa però risale ai tempi della sua tesi sul film di Alain Resnais L’amour à mort, ma basterebbe ricordare una composizione come Lost Highway, costruita attorno all’omonima opera di David Lynch, per sgombrare il campo dall’idea che questo sia un mero interesse professionale.

Music for Films, raccolta di medio e cortometraggi (si supera in soli tre casi la mezz’ora) oltre a fornire un’idea esaustiva sul modo di intendere la relazione suono/immagini della Neuwirth, suggerisce anche il personale kit culturale di riferimento dell’autrice, oltre che proporre della stessa un divertente ritratto nella parodia di una conferenza stampa (Gefahr Bar, 2007) che libera l’aura del compositore di musica contemporanea da ogni prosopopea e seriosità con un paio di baffi finti che molto ci dicono sulla misoginia dell’ambiente musicale (quante cose da imparare dalle nostre parti…).

Si inizia allora con un vero e proprio film di 46:31, The Long Rain (2000) del regista Michael Kreihsl, basato su un racconto di Ray Bradbury, autore di due capolavori come Cronache marziane e Fahrenheit 451. Musica e ideazione appartengono a Olga Neuwirth, mentre i crediti della sua esecuzione spettano al Klangforum Wien sotto la direzione di Peter Rundel (collocati, tra l’altro, nel Sun Dome della scena finale). Ci troviamo in mezzo a una piovossisima giungla sul pianeta Venere su cui si avventura l’equipaggio di una navicella spaziale dopo un atterraggio di emergenza. La ricerca di un fantomatico Sun Dome (luogo asciutto e riparato) prosegue fintanto che 3 dei 4 membri dell’equipaggio non cedono agli stenti. Una musica tagliente, quasi dirompente nel suo manifestarsi in maniera distruttiva, un suono che sa diventare drammatico commento nelle immagini a infrarossi di modernissimi bombardamenti intelligenti, o, al contrario, farsi introspettivo nel crepuscolare landscape piovoso, infine evocativo nel vestire di eco del passato una fantascienza che ai tempi di Bradbury è ancora vintage.

Con Canon of Funny Phases (1992) si entra addirittura nel mondo dell’animazione, o meglio dei disegni animati (alla cui produzione partecipa la sorella Flora, artista e designer). Il canone di cui si parla nel titolo è frutto di un incastro di sequenze dello stesso cartoon, che si sovrappone secondo una delle più scolastiche forme musicali, su sei differenti schermi, in sincronia con la stratificazione sonora di una composizione dal carattere quasi improvvisativo.

Durch Luft und Meer (2007) è un mediometraggio girato tra i fiordi norvegesi che raccoglie, con una telecamera portatile, suggestioni ambientali “attraverso aria e mare”. Qui la tentazione ambient è molto forte, ma si riesce sempre a evitare il mero dato descrittivo attraverso scelte di soluzioni che trasfigurano suoni che a tratti rimandano al corale bachiano (suggestioni, forse).

Symphonie Diagonale (2006) è un celeberrimo film sperimentale dello svedese Vicking Eggeling che risale al 1924. La scelta della Neuwirth è quella di procedere attraverso un uso percussivo di suoni campionati che amplificano ancor più le spigolose raffigurazioni del dadaista.

Altra brevissima animazione quella di The Calligrapher (1991) opera dei fratelli Quay, commissionata e rifiutata dal secondo canale della BBC. Un burattino di carta, che ricorda molto da vicino quelli di Lele Luzzati, scrive con una penna d’oca e attorno a lui svolazza un clavicembalo e due chitarre con armonie puntute, moderne ma, al tempo stesso, antiche. Sono solo 57 secondi e tutto è davvero delizioso.

Miramondo Multiplo (2006/07) si riferisce invece ad un altro tipo di calligrafia, quello dell’autrice ritratta mentre compone, o meglio viene ritratto il pentagramma in un’inquadratura che per un gioco di specchi risulta coerente allo spettatore. Titolo e partitura si riferiscono al concerto per tromba e orchestra. Una bella intuizione della nascita e delle crescita del pensiero musicale attraverso la scrittura.

Ritorna un altro mediometraggio girato a Parigi e ispirato ad un altro classico della cinematografia, Paris qui dort di René Clair. Il tempo della metropoli che viene fermato, rallentato e reso irreale, per poi diventare concitato fino al parossismo e tornare infine alla normalità. La colonna sonora di questo video, Disenchanted Time (2005) vive intimamente all’interno di immagini così condivise dal turismo di massa da renderne la traslitterazione assolutamente capace di ribaltare totalmente tale prospettiva. L’elettronica sviluppata per l’occasione si serve di tecnici e apparecchiature dell’IRCAM, presso cui anche la Neuwirth è passata.

Infine No More Secrets No More Lies, il video forse più poetico e politico che ha come protagonista iconografica l’attrice transgender Georgette Dee che declama e intona testi che incitano alla concordia del genere umano e che si aprono alla declamazione in frammenti strofici dal chiaro rimando brechtiano. Uno sfondo di mare agitato in contrasto con i veli e le vesti dell’attrice offre spunti cromatici puntualmente raccolti dalla musica: una vera e propria dichiarazione della Weltanschauung della compositrice fatta di suoni, parole e colori perfettamente combinati. Ancora il mare nel cuore di un’artista che torna a navigare.

2008 © altremusiche.it

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