Lucia Ronchetti. Compositrice errante

Foto: Stefano Corso
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Alcuni compositori sono facilmente comprensibili e possono essere ricondotti a un comune denominatore artistico. Questi artisti sono localizzabili geograficamente e stilisticamente, i loro temi sono in ampia misura riconoscibili. Lucia Ronchetti, nata a Roma nel 1963, non rientra certo all’interno di questa categoria. E tuttavia questa compositrice passa tutt’altro che inosservata. La sua musica sfugge alle determinazioni stilistiche perché è sempre in cammino, sempre in movimento, sempre alla ricerca di nuove fonti di ispirazione e di nuovi stimoli.
Appena terminati gli studi a Roma e con Salvatore Sciarrino, studia a Parigi con Gérard Grisey, compiendo anche un ulteriore periodo di studi all’Ecole Pratique des Hautes Etudes à la Sorbonne al termine del quale discute una tesi di dottorato sullo stile orchestrale di Ernest Chausson. Ottiene poi una borsa di studio annuale all’IRCAM. Dopo numerose altre borse di studio e soggiorni artistici presso lo Schloss Solitude di Stoccarda, a New Haven e ancora per un lungo periodo negli Stati Uniti alla Columbia University di New York, trascorre infine un anno intero a Berlino quale ospite del programma artistico del DAAD.

L’oltrepassamento dei confini è ricercato da Lucia Ronchetti anche nel confronto con altre discipline artistiche o scientifiche. Un viaggio come quello nella letteratura che ha il inizio con i poeti Lucrezio e Pindaro da cui lei desume il concetto poliedrico di anakyklosis – che designa tanto il moto dei pianeti quanto il mutamento di forma dello Stato – per intitolare una sua opera per ensemble. Altri due titoli di composizioni per orchestra derivano dagli scritti del filosofo tedesco Hans Blumenberg (Die Sorge geht über den Fluss e Schiffbruch mit Zuschauer). Si è confrontata musicalmente con il pittore Paul Klee e ha messo in musica le liriche di poeti così diversi come Ludovico Ariosto, Nikolaj Gogol o Adolf Wölfli. In primo luogo il rapporto con la letteratura italiana del XX secolo. Un rapporto che si rivolge anche ai letterati. Lo scrittore Ermanno Cavazzoni, per un lungo periodo di tempo, ha rappresentato per lei il librettista di riferimento. Da Cavazzoni nasce sia il progetto per L’anatra al sal, una delle opere più eseguite di Ronchetti, che il testo per l’opera radiofonica Rivelazione e il libretto della Tentazione di Girolamo. Il poeta e pittore Toti Scialoja, uno degli astrattisti più significativi nel panorama italiano del Dopoguerra, è stato fino al 1998, anno della sua morte, un altro collaboratore assiduo. Da Giorgio Manganelli proviene il testo dell’opera vocale Pinocchio, una storia parallela.
Stimoli per il proprio lavoro anche nelle scienze naturali. Nell’opera per ensemble composta nel 2005 The Glazed Roof si confronta con la questione dell’equilibrio nell’opera di Ieoh Ming Pei, l’architetto della piramide di vetro del cortile interno del Louvre di Parigi. Una serie di opere per viola sola sono raccolte con il titolo di Xylocopa violacea, il termine scientifico dell’ape legnaiola. In un avvicinamento a Schubert dall’innocuo titolo Opus 100 affronta la criptomnesia, l’appropriazione inconscia di un patrimonio di pensieri altrui.

Dopo un inizio dedicato prevalentemente alla musica da camera, le opere vocali e il teatro sono oggi al centro dei suoi interessi – un’evoluzione quasi naturale. Ciò che invece rimane costante nel corso degli anni è il suo lavoro negli studi di musica elettronica, dall’IRCAM di Parigi, allo Experimentalstudio für akustische Kunst di Friburgo, o allo studio elettronico della Technische Universität di Berlino. Anche questo mostra che Lucia Ronchetti intende la sua attività compositiva come un ricercare, come un’indagine scientifica.
Le sue composizioni sono esperimenti, risultati di una modalità di lavoro analitica che penetra la superficie dei suoni e mette allo scoperto ciò che è nascosto.

La sua musica è come un sismografo, che percepisce segnali occulti e li rende comprensibili. In termini giornalistici potremmo così tradurre: il suo mestiere non è quello di scrivere gli editoriali, ma il saggio o il reportage. Anche la sua musica si sviluppa partendo da osservazioni precise. Con gli organi di senso desti, con uno sguardo acuto per il particolare, per tutto ciò che è umoristico e originale, osserva una scena o anche soltanto un certo particolare. E come in un reportage, l’osservatore in quanto tale può rimanere sullo sfondo, perché gli eventi parlano da soli.

Forse qui occorre anche ricercare la ragione per cui il fulcro degli interessi nell’attività compositiva di Lucia Ronchetti si sia spostato sempre più verso il teatro. Qui si offre, come in nessun altro contesto, la possibilità di far risuonare la propria voce in ruoli diversi, di parlare attraverso i personaggi. Nella sua qualità di soggetto che compone, il compositore rimane regista dello sviluppo, rimanendo sempre dietro le quinte. Inoltre il teatro musicale contemporaneo nasce per lo più in virtù della collaborazione con altre arti, con il contributo di registi, scenografi, librettisti. E tutto questo si confà perfettamente al modo di lavorare di Lucia Ronchetti. Per Der Sonne entgegen, la sua opera più recente per il teatro, ciò era espressamente richiesto dalla commissione del Fonds Experimentelles Musiktheater del Nord-Westfalia. È così nata un’opera dalle molteplici stratificazioni dedicata al tema dell'”oltrepassamento dei confini”, che è a più voci non solo perché vi prendono parte almeno quattordici cantanti, ma anche perché la musica di Lucia Ronchetti fa l’effetto di una traversata nella storia e nel presente della musica e nella com-posizione; mette in scena qualcosa di assolutamente personale.

Ancora prima, Lucia Ronchetti era andata alla ricerca dell’elemento sperimentale anche nella sua opera Last Desire, segnalata come rappresentazione dell’anno 2005 dalla blasonata rivista specialistica “Opernwelt”. Last Desire è una variazione sulla Salomè di Oscar Wilde, ma in verità riguarda molto più da vicino la vanità dell’attesa e si occupa della questione relativa a che cosa sia effettivamente reale. L’opera nacque dalle attività del Forum Neues Musiktheater di Stoccarda, un laboratorio teatrale che si è concentrato principalmente sull’ampliamento multimediale delle possibilità sceniche. Anche in questo caso Ronchetti non è interessata al tradizionale teatro narrativo, quanto piuttosto all’esperimento, all’esigente e spesso anche enigmatica complessità dietro cui la “storia” scompare.

Ma il teatro di Lucia Ronchetti non dipende da un palcoscenico reale. Lei cerca di far nascere il teatro nella capacità di rappresentazione dell’ascoltatore. Molte delle sue opere vocali (e anche alcune opere strumentali) si svolgono, per così dire, sul palcoscenico dell’immaginazione. In particolare occorre ricordare a tal proposito almeno tre lavori: Anatra al sal, Pinocchio, una storia parallela e Hombre de mucha gravedad. Queste partiture, composte per i Neue Vocalsolisten, si collocano nella tradizione del madrigale rappresentativo, che vide il suo periodo di massima fioritura nel XVI e nel XVII secolo. Si crea una scena immaginaria che è generata con mezzi puramente vocali e pochi altri gesti. Anatra al sal è una sorta di “opera culinaria”, uno sguardo indiscreto nella cucina di cinque chef che dapprima discutono forbitamente di ciò che devono cucinare, poi litigano per la preparazione dell’anatra al sale, ma alla fine portano armonicamente a compimento il procedimento. L’azione, i conflitti e le riconciliazioni, la comicità di ciò che accade, tutto ciò sgorga dalla musica stessa e non necessita di alcun palcoscenico né di alcuna scenografia.

Il Pinocchio creato pochi anni più tardi, costituisce, il pendant tragicomico di Anatra al sal. Il libro di Giorgio Manganelli, che Lucia Ronchetti utilizza al posto del racconto di Collodi, costruisce un’infinità di ramificazioni, cosicché alla fine tutti i possibili libri sono contenuti in un unico libro parallelo. Ronchetti trasferisce questo procedimento in ambito musicale. Così come il libro parallelo di Manganelli, anche la “storia parallela” di Ronchetti è ricca di incastri. Le scene cambiano in continuazione con tagli tanto veloci quanto improvvisi, e cambiano anche i ruoli, che sono impersonati dalle quattro voci maschili per le quali Pinocchio, una storia parallela è stato scritto.

Tutto questo vale anche per il doppio quartetto Hombre de mucha gravedad ispirato al notissimo ed enigmatico dipinto del pittore spagnolo Diego Velázquez Las meninas. Il raffinato gioco di specchi, gli assi visivi e i punti di fuga presenti nell’opera di Velázquez, sono trasposti in ambito musicale dalla Ronchetti fino alla distribuzione degli esecutori (quartetto d’archi e quartetto di voci), che rispecchia il quadro. Anche in questo caso siamo in presenza di un teatro camuffato. Come il pittore barocco sulla tela, così anche Lucia Ronchetti nella sua musica sviluppa un teatro dei gesti musicali partendo dal modello pittorico mediante una sensibilità finemente evoluta per la retorica e per il mondo quale Theatrum mundi.

Anche Lucia Ronchetti ama tali sistemi complessi. A volte arrivano a essere così complessi che ci fa pensare al manierismo, quale struttura elaborata fin all’ultimo dettaglio, con una prospettiva un po’ folle e spostata, dotata di una certa eccentricità.
Sostenuta dal suo artigianato, che le permette di appropriarsi di tutto il patrimonio della storia della musica occidentale, procede con la più grande sovranità. La musica della Ronchetti pone una rivendicazione formale di alto livello. La forma crea coesione, essa restituisce l’opera nella sua forma artificiale; trasforma il semplice suono in opera d’arte. E dunque si tratta di ben altro che di formalismo.
Dove dunque è possibile ritrovare Lucia Ronchetti? Forse seguendola nei suoi processi sperimentali presenti in ogni sua opera. La sua curiosità è instancabile.

(traduzione italiana di Maurizio Guerri)

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