Castiglioni, Scelsi, Melchiorre / Orch. Verdi, Bossaglia, Zoboli [Auditorium di Milano, 6 febbraio 2018]

Castiglioni, Scelsi, Melchiorrre
Michele Coralli
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Tre compositori che “sembrano provenire da pianeti differenti”. Così viene presentata la serata, in una maniera ormai nemmeno troppo irrituale, da parte del direttore Francesco Bossaglia, che impugna un microfono ancor prima della bacchetta che darà il via a un piccolo viaggio nell’altro Novecento italiano. E più si riascoltano musicisti come Niccolò Castiglioni (1932-1996) e Giacinto Scelsi (1905-1988), più ci si rende conto dell’infinita “biodiversità” del secolo breve.

Pianeti diversi? Non esattamente. Siamo sullo stesso pianeta e, strano a dirsi, perfino nello stesso paese. Forse sono semplicemente passate, sotto il profilo culturale e in pochissimi anni, intere Ere geologiche, che separano periodi incredibilmente policromi dal tempo attuale, nel quale imperversa un imbarazzante pensiero unico che rende arduo e faticoso il percorso creativo.

L’idea della musica come sistema planetario, oltre a piacerci molto, sembra una metafora pregna di significato e perfettamente adatta quindi a tratteggiare concerti come quello visto all’Auditorium di Milano.

Urano, pianeta esterno che orbita attorno al Sole con un’inclinazione di più di 90° rispetto all’eclittica; ha una conformazione priva di strutture e un colore verde-azzurro.

Scelsi e i suoi Quattro pezzi su una nota sola, apoteosi di una ricerca interiore mirata all’individuazione di un nucleo significante (essenza spirituale individuale e universale) che è suono e stato mentale al tempo stesso. Nessuna regola se non la propria regola interiore, la totale indifferenza nei confronti del milieu musicale del tempo, la ricerca sul suono in base più alla capacità immaginifica di scomporne l’atomo più esterno rispetto alle capacità di analisi sul suono stesso liberate da tecnologie informatiche di anni successivi. Per “capire” Scelsi bisogna entrare nella sua musica senza preconcetti. La sua, infatti, prima che essere musica, è dimensione sonora, prima che struttura è suono che genera struttura. Proprio per questo l’esecuzione di brani come i Quattro pezzi necessita più che mai una mano ferma e un’idea solida del percorso che si sta compiendo. Occorre imporre una disciplina all’orchestra di 25 elementi per consentire all’ascoltatore un percorso mentale che non preveda perdite di tracciato. Da parte del pubblico un ascolto come questo si avvicina in modo considerevole a uno stato di meditazione o a un viaggio virtuale, in altri tempi si sarebbe detto pischedelico.

Mercurio è il pianeta più vicino al Sole e per questo è di difficile osservazione. Non possiede atmosfera perché ha una massa troppo piccola e un moto di rivoluzione molto rapido.

Castiglioni può essere considerato un enigma della musica o semplicemente l’esempio di come un musicista dovrebbe essere? Banalizziamo: imprendibile, sgusciante, inaspettato, discutibile, fastidioso, divertente, coinvolgente, tenero e commuovente.

Il paragone è senz’altro forzato, ma in un piccolo ed assai rispettato scaffale della nostra mente, convivono felicemente compositori come lui e Frank Zappa. “Does humor belog to music?” – si chiedeva il vecchio Frank. Castiglioni sembra aver già risposto tempo prima: “ovviamente sì!”.

E proprio così lo vogliamo “archiviare”, come uno Zappa più timido e introverso, ma certamente non meno determinato nell’organizzare pagine musicali di un vertiginoso virtuosismo che mai appare fine a se stesso. Come per il colesterolo c’è quello buono e quello cattivo. Ad entrambi i due compositori spetta d’onore del virtuosismo buono, quello vincolato al senso e sbugiardato dall’autoironia. Da parte loro i Morceaux Lyriques sono uno dei tanti esempi che si possono trarre da un linguaggio agile, quanto sfuggente.

La Terra è il più grande dei pianeti interni del sistema solare, sia per massa sia per diametro; è composto per lo più da roccia e silicati, acqua e da un’atmosfera composta in prevalenza di ossigeno e azoto.

Inventario, nuovissima composizione di Alessandro Melchiorre presentata in prima assoluta, si deve qui confrontare con due pianeti estremi come i precedenti, in un rapporto di difficile relazione rispetto ad universi creativi di siffatta potenza. Se nelle precedenti composizioni il segno artistico veniva individuato nel dettaglio quasi infinitesimale, nell’Inventario l’approccio è totalizzante: una grande massa orchestrale si adopera per includere, in virtù di una tendenza espansiva di stampo post-romantico, una vasta articolazione di colori orchestrali. Quantità e varietà si cercano in un continuo gioco di allargamento, nella volontà di sfruttare in modo quanto più convinto l’intero organico della Verdi. Un po’ Bruckner, un po’ Carl Nielsen? A noi sono venuti in mente questi.

Direzione di Bossaglia salda e autorevole, specie su Scelsi e Melchiorre. Per Castiglioni, pur nell’assoluta pulizia generale, avrebbe aiutato molto indossare quell’abito tirolese evocato dall’oboista Omar Zoboli – dedicatario dei Morceaux Lyriques e suo splendido esecutore in quel dell’Auditorium. Perché è proprio così che pare si sia presentato Castiglioni nel portare con sé la partitura al musicista. Già, perché per far vivere una musica di per sé umoristica e saltellante aiuterebbe molto farsi guidare dal ribelle e inafferrabile spirito del giullare.

febbraio 2018 © altremusiche.it

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